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alla sfida con due versi contenenti l’elogio del padre e del maestro che avea presa cura della propria educazione. Tutta l’assemblea meravigliò della leggiadria e finezza delle espressioni, e convenne che il principe avea tanto talento per la poesia come per la prosa.

«L’emiro, tutto giubilante, abbracciò il figlio, lo strinse teneramente al seno, e diè ordine di far venire il suo maestro. Si alzò per riceverlo, lo prese per mano, e fattolo avanzare nel mezzo dell’assemblea, gli disse:

«— Dotto e saggio Abdallah, io conosco tutto il valore del servigio che mi hai reso, e m’affretto a compensarlo: ti dono quattro camelli carichi d’oro, d’argento e di cose preziose, e ti affido il comando di una tribù. Tu conosci i principii della giustizia, e formerai la felicità di quelli che saranno sotto le tue leggi.

«— Principe,» rispose Abdallah, «io non ho bisogno degli onori e delle ricchezze di questo mondo terrestre: è tempo di farmi conoscere; non sono un uomo, ma un genio. Occupava un posto distinto, e faceva giustizia in mezzo ai geni della mia specie, allorchè udii una voce celeste che diceva:

«— Va a trovare l’emiro Selama, che comanda alle tribù arabe della stirpe dei Benou Heial; abbi cura dell’educazione di suo figlio, ed insegnagli tutte le scienze.

«Obbedii a quest’ordine, mi presentai a voi, sollecitai l’onore di servir da maestro al vostro figlio, e l’ottenni. —

«Quando Selama udì quel discorso, si gettò ai piedi del genio, e gli disse: — Genio possente, ringrazio Iddio del segnalato favore che mi fece mandandovi a me. —

«Il genio fece rialzare l’emiro, volse gli sguardi verso il giovane Habib, e disse piangendo: — Se sapeste