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vano d’allontanarsi. Vide una piazza coperta di rottami e disabitata, e volle ricoverarvisi. Giungendo, inciampò in qualche cosa e cadde; riconobbe essere un cadavere, ed alzossi intriso di sangue.

«In quel punto, il luogotenente di polizia passò di là colla sua gente; vedendo il cadavere, s’impadronirono d’Attaf e lo condussero in prigione. Ma lasclamo, per un momento, Attaf deplorare l’infelice sua sorte, e ritorniamo a Giafar, che lasclammo vicino a Cobbat Alasafir, in viaggio per Bagdad, col numeroso seguito datogli dall’uomo generoso, e la giovane sposa della quale gli avea fatto sagrificio.

«Dopo alcune ore di cammino, Giafar si fermò in un luogo comodo per passarvi la notte. I servi incaricati delle tende, erano andati avanti, onde innalzare due magnifici padiglioni, uno per Giafar, l’altro per la sposa. Allorchè ciascuno fu ritirato nella propria tenda, il visir, desideroso di trovarsi solo colla beltà per la quale avea concepita una passione sì violenta, recossi da Zalica. Quand’essa lo vide entrare, si coprì il volto colle mani; Giafar la salutò; ella gli rese umilmente il saluto, ma senza cangiar posizione.

«— Perchè,» le disse Giafar, «togliermi la vista di quest’occhi che mi hanno fatto sentir tanto il loro potere? Non siete voi la mia sposa? — Signore,» rispose Zalica, «un principe sì potente come voi vorrebbe prendere la moglie di chi gli ha dato per molto tempo l’ospitalità, e prodigati per lui i suoi beni e le suo ricchezze? io sono vostra sposa, ed anche vostra schiava. — Che significano tai detti?» replicò Giafar; «voi non siete la moglie d’Attaf.

«— Io lo fui,» riprese Zalica, «e dovrei esserlo ancora. Il male da cui foste preso, dopo avermi veduta inaffiare i fiori ad una finestra, determinò Attaf a ripudiarmi per darmi a voi; ma credo non abuserete della generosità dell’uomo ch’io riguardo sem-