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accompagnato soltanto dal carnefice; ma qual fa la sua sorpresa, allorchè vide la porta aperta, il carceriere tutto intriso di sangue, colla barba divelta, lacerati gli abiti, ed alzando le mani al cielo senza poter parlare. Gli fece levare il turaccio che aveva in bocca, e chiese gli chi l’avesse ridotto in quello stato.
«— Signore,» rispose il carceriere, «sarà circa un’ora che una banda di scellerati hanno rotta la porta della prigione, precipitandomisi addosso. Io ho gridato aiuto con tutte le forze; essi m’hanno messo questo turaccio in bocca e percosso aspramente. Mentre una parte di quegli scellerati mi trattava così, gli altri infransero i ferri d’Attaf, e lo condussero con loro; essi avevano il volto imbrattato di nero e di rosso, e sembravano demoni; di modo che mi fu impossibile riconoscerne alcuno. —
«Il governatore, disperato di vedersi sfuggire la sua vittima, non sapeva se dovesse credere al rapporto del carceriere, e domandò al carnefice che cosa pensasse di quell’avvenimento. Questi disse che il carceriere occupava da molto tempo quel posto, nel quale era succeduto al padre, e che non aveva mai lasciato fuggire alcun prigioniero.
«Il governatore, per punirlo, si contentò di togliergli la sua carica. Ritornato al palazzo, mandò da diverse parti vari cavalieri ad inseguire Attaf, i quali, dopo aver percorso da ogni lato la campagna, tornarono dopo qualche giorno, senza nuova alcuna dell’uomo che cercavano.»