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«Giafar, in mezzo a tutta quella pompa e quegli onori, mandò a cercare il padre della giovane di cui era invaghito. Abdallah (era il nome di quel signore, come già si disse) si affrettò ad ubbidire agli ordini del gran visir ed inchinossi profondamente.
«— Vostra figlia,» gli disse Giafar, «fu ripudiata da suo marito.
«— È vero, signore,» rispose Abdaliah, «ed ora si trova in mia casa. — Intesi parlare,» riprese Giafar,«della sua beltà e del suo spirito: io vorrei sposarla. — Signore,» soggiunse Abdallah, di nuovo inchinandosi,«io son pronto a consegnarvi la vostra schiava. — Io m’incarico della sua dote,» disse allora il governatore di Damasco. — Ed io l’ho già ricevuta,» riprese Abdallah. Si strinse subito il contratto nuziale; il governatore invitò Giafar a venir ad abitare nel suo palazzo, ma il visir scusossi, dicendo dover continuare il suo viaggio alla domane. Egli avvertì nel medesimo tempo Abdallah che sua figlia stesse pronta a partire con lui.
«Il vecchio uscì sul momento per annunciare alla figlia il nuovo matrimonio ch’egli avea conchiuso per lei. Le si avvicinò coll’espressione della maggior gioia, e le vantò il grado e le ricchezze del novello sposo. La figlia d’Abdallah, la quale amava Attaf, vide con dispiacere ch’ella stava per passare tra le braccia d’un altro. Poco sensibile alle idee di grandezza e d’ambizione che lusingavano il padre, non gli rispose se non per attestargli la propria sommissione, e si ritirò nell’interno dell’appartamento.
«La notte seguente passò fra i piaceri: tutta la città e le case di campagna dei dintorni erano illuminate. I grandi ed il popolo gioivano egualmente della presenza del gran visir e del suo matrimonio conchiuso a Damasco.
«All’indomani, Giafar fece annunciare ch’egli si