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NOTTE CDLXIV
— La vista di quella giovane fece su Giafar un’impressione tanto più viva, giacché ebbe il tempo di considerarla a suo talento mentre inaffiava, l’un dopo l’altro, i fiori che si trovavano sulla finestra.
«Quando tutti i fiori furono inafflati, la giovane guardò in istrada; ma vedendo che qualcuno l’osservava, si ritirò precipitosamente e chiuse la finestra. Giafar aspettò a lungo per vedere se questa si aprisse una seconda volta. Essendo quasi sera, voleva ritirarsi; ma, tutte le volte che stava per alzarsi, sentiva fra sé una voce susurrargli: — Fermati, forse comparirà ancora. —
«La notte sorprese Giafar in quell’aspettativa e l’obbligò a rinunciarvi; uscì dalla viuzza, camminò per un po’ di tempo in una più grande, e riconobbe da lungi il palazzo di Attaf. Questi lo aspettava già da un pezzo, e gli venne incontro.
«— Illustre signore,» gli disse, «è tardi, ed io temeva che vi fosse avvenuto qualche sinistro o che alcuno vi avesse trattenuto presso di sé. — Dove potrei io,» rispose Giafar,«trovare un ospite tanto cortese e generoso come Attaf? Già da molto tempo io non aveva fatto una passeggiata simile a quella d’oggi, e così atta a divertirmi: ecco perchè l’ho prolungata fino ad ora. —
«II visir ed Attaf essendo rientrati, si misero a tavola. Giafar volle prendere qualche cosa secondo il