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«Circa un’ora dopo fu servito un pranzo composto di gran numero di vivande le più squisite e delicate; si portarono indi bacili e brocche per lavarsi le mani. Una compagnia di suonatori entrò nella sala ed eseguì un magnifico concerto, dopo il quale si recarono le frutta e i dolci, e da ultimo il caffè. I convitati essendosi ritirati, Attaf, rimasto solo con Giafar, lo ringraziò dell’onore che gli faceva alloggiando in casa sua, e parve curioso di conoscere il motivo del suo viaggio. Il visir non fece alcuna difficoltà di palesarlo, e gli raccontò per disteso la sua avventura con Aaron Alraschild.
«Attaf, commosso della fiducia di Giafar, e sensibile alla sua disgrazia, esortollo a non affliggersi troppo, e lo pregò di fermarsi nella magione ove il caso l’avea condotto, assicurandolo che vi sarebbe sempre il padrone, e che potrebbe abitarvi dieci anni senza timore d’incomodarlo. Nel medesimo tempo fece preparare nel mezzo d’una sala un letto magnifico pel suo ospite, e vicino un altro piccolo per sè.
«Giafar fu alquanto sorpreso di quei preparativi, e chiese ad Attaf se non fosse ammogliato; avendogli questi risposto affermativamente: — Perchè,» riprese il visir, «non dormite colla vostra sposa?
«— Signore,» rispose Attaf, «la mia sposa non troverà male ciò che faccio e non me ne amerà meno. Non sarebbe un’inciviltà il lasciar sola una persona distinta come voi, ed andar a passar la notte colla sposa; alzarmi poi domani, e recarmi solo ai bagni? Agire a questo modo sarebbe, a mio credere, dimostrare una mancanza di convenienze e di riguardi quali si debbono ad un signore par vostro. Per certo tutto il tempo che mi farete l’onore d’abitar nella mia casa, non vi lascerò per andar a tenere compagnia alla mia sposa; ma resterò a voi vicino finchè tornerete a Bagdad. —