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«Benchè tristo ed inquieto, Giafar vide con piacere quei luoghi riguardati con ragione come il primo dei quattro Ferdus, o paradisi dell’Asia1, o che passano anzi per essere stati altre volte il paradiso terrestre ove fu posto il primo uomo, allorchè venne creato colla terra grassa e feconda di quella fertile contrada. Giafar ammirava quelle ridenti campagne irrigate dalle fiumane che scendono dall’Anti-Libano, si dividono in molti rami riuniti da un’infinita moltitudine di canali, e vanno a metter foce in un immenso lago; quelle praterie sempre verdeggianti, smaltate di mille fiori, che una primavera perpetua fa sbucciare; quelle piante d’ogni specie, onuste di frutti i più belli e deliziosi del mondo.
«Mentre accostavasi alla città verso il tramonto, dopo aver attraversata la valle delle Violette2, vide venirsi incontro molte persone, una delle quali l’invitò, colle maniere più gentili, a metter piede a terra. Era costui Attaf, il quale passeggiava per caso da quella parte con vari suoi amici, e che, avendo da lungi riconosciuto Giafar, erasi affrettato a venirgli incontro.
«Giafar discese dalla mula; salutaronsi reciprocamente, e dopo i complimenti d’uso, Attaf invitò la compagnia a venirsi a riposare nel suo palazzo, poco discosta, e situato all’ingresso della città. Entrarono in una sala magnifica, le cui pareti erano rivestite di marmo, ornata di preziosi tappeti e divani ricoperti di stoffe ricchissime; nel mezzo vedevasi una gran vasca d’onde ergevasi uno zampillo d’acqua che andava quasi a percuotere la volta.