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«— Giovine,» gli disse, quando si fu rialzato ed ebbe aperti gli occhi, «tu abiti, a quanto pare, in questo villaggio, e tuo padre è uno degli abitanti del luogo?

«— Io sono straniero,» rispose il giovanetto; «nacqui in Persia, e non dimoro qui che da poco tempo.—

«Lo schiavo, interessato da quella risposta, fece in seguito molte altre domande al giovanetto, e riconobbe tosto colui che desiderava incontrare. Gli gettò le braccia al collo, dimostrò piangendo il dolore che provava vedendolo in quella situazione, e gli disse che lo cercava per ordine della genitrice e ad insaputa del re suo sposo; lo fece inoltre avvertito che sua madre doveva accontentarsi di sapere ch’era vivo, e che non lo poteva per allora vedere nè riconoscere per figliuolo.

«Malik-Schah, ben istruito delle ragioni che facevano operare la madre in tal maniera, si lusingò che, vicino ad essa, godrebbe almeno di una sorte più felice. Ringraziato lo schiavo del suo zelo, gli attestò l’impazienza che aveva di partire. Lo schiavo tornò al villaggio, vi comperò alcuni abiti per il principe, e presero insieme il cammino della capitale dell’Egitto.

«La sorte che perseguitava il giovane principe non gli spirava del tutto ancor favorevole, ed una nuova disgrazia venne in breve ad esperimentare la sua costanza. Mentre erano vicini al termine del loro viaggio, furono assaliti da una banda d’assassini, che, spogliatili, li gettarono legati in una cisterna, ove avevano già rinchiusi altri infelici, colà periti di fame. Lo schiavo, vedendosi così legato, circondato di cadaveri, e certo della loro morte, si abbandonava al dolore e versava torrenti di lagrime. Il giovane, invece, l’esortava alla pazienza, dimostrandogli l’inutilità de gemiti e del pianto.

«— Principe,» gli disse lo schiavo, «non è l’immagine della morte che mi angustia; è il vostro de-