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«Gl’infedeli non facevano portar via le salme degl’infelici che si precipitavano; ma lasciavanli invece pascolo degli uccelli e degli altri animali carnivori. Il giovane principe, rimasto svenuto tutto il giorno, tornò in sè durante la notte.
«Rese tosto grazie a Dio, riponendo in lui tutta la fiducia, ed allontanatosi dai cadaveri ond’era circondato, viaggiò sino allo spuntar del giorno. Affamato e stanco, si nutrì di foglie e frutti selvatici, e si nascose in un bosco. Si rimise in cammino la notte seguente, e continuò a viaggiare così tutte le notti, ritirandosi durante il giorno nei boschi, finchè giunse sulle terre del re, suo zio. Entrò allora nel casolare di alcuni paesani, ai quali raccontò, senza farsi conoscere, il modo meraviglioso col quale era sfuggito ad una morte certa.
«Quella buona gente ammirò la Provvidenza, fu tocca da compassione pel giovane principe, gli diede da mangiare e da bere, e lo tenne presso di sè per molti giorni.
«Quando Malik-Schah fu un po’ ristabilito dalle fatiche sostenute, si fece indicare dai paesani la strada che conduceva alla capitale della Persia. Essi gliela mostrarono, e diedergli altresì provvisioni per continuare il viaggio, senza pensare che chi avevano accolto con tanta umanità fosse il nipote del re Balavan.
«Il giovane giunse alla capitale della Persia, stanco ed affamato, magro e pallido, coi piedi nudi ed insanguinati. Prima di entrare nella città, sedè vicino alla porta, sulla riva di una vasca che riceveva le acque d’una fontana. Appena fu riposato, vide venire alla sua volta molti cavalieri; erano ufficiali del re che tornavano dalla caccia, e volevano abbeverare i cavalli. Quand’ebbero veduto il giovane viaggiatore, il suo lacero abbigliamento ed il cattivo arnese divennero l’oggetto de’ loro discorsi e motteggi.