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nirono del giovane Malik-Schah, e Balavan fu riconosciuto re.

«Togliendo la corona a Malik-Schah, i principali congiurati non vollero privarlo di vita: i giuramenti fatti all’avo ed a lui stesso, erano sì recenti, ch’ebbero orrore di bagnare le mani nel di lui sangue. Essi esigettero da Balavan che non attenterebbe ai giorni del nipote, ma che sarebbesi accontentato di tenerlo in carcere.

«Schah-Khaton fu in breve informata di quell’avvenimento. Dopo la di lei separazione dal figlio, era in preda alla noia ed all’inquietudine, e non pensava che all’oggetto della sua tenerezza; la di lei situazione era ancora più penosa, giacchè non osava confidare ad alcuno il proprio dolore. Soleiman-Schah aveva detto al sultano che il suo nipote era morto: ella non poteva rivelare il mistero della sua esistenza, senza dar luogo al sultano di accusare il defunto zio di avergli nascosta la verità. La nuova della rivoluzione di Persia fu per l’infelice madre un colpo di fulmine, e l’afflisse tanto, che potè nascondere a stento, l’eccesso del proprio dolore.

«Erano già quattro anni che il giovane Malik-Schah, rinchiuso in un oscuro carcere, soffriva tutti gli orrori della più dura prigionia. I grandi ed il popolo parlavano sovente della sua disgrazia e ne compiangevano il destino; Balavan stesso, allorchè videsi pacifico possessore dell’impero, sentiva per quel fanciullo, sfuggito al suo furore, sentimenti più umani: ne parlava qualche volta, e permetteva che se ne parlasse, dinanzi a lui.

«Un giorno che Balavan sembrava dolersi, in presenza del consiglio, che la quiete e la sicurezza dello stato non gli permettessero di rendere la libertà al nipote, uno de’ suoi visiri, presa la parola, gli fece conoscere dapprima che l’elevazione di Malik-Schah,