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va opposta maggior resistenza, e furono condotti dinanzi al sultano. Questo principe, occupato del pericolo in cui trovavasi, ordinò che si ritenessero prigionieri, e si facessero venire gli astrologi.

«Giunti costoro, Ibrahim disse:

«— Voi mi prediceste ch’io perirei per mano di mio figlio; invece fu uno dei ribelli che m’ha ucciso. — Gli astrologi, senza sgomentarsi, risposero:

«— Principe, vostro figlio trovasi forse fra questi ribelli, e vi scoccò la freccia che ci fa temere dei vostri giorni. —

«Il sultano fece venire in sua presenza i prigionieri, e promise di far loro la grazia se gli palesavano chi avesse lanciata la freccia. — Fu questo giovane,» gli dissero tosto mostrandogli il principe. Il sultano gli ordinò di avvicinarsi, e gli domandò chi fosse suo padre, e che cosa avesse fatto dopo la sua infanzia.

«— Principe,» rispose questi, «io non ho conosciuto mio padre: tutto quello che so è, che fui allevato in un sotterraneo, ove una donna, che mi aveva nutrito, prendeva cura di me. Un leone cadde un giorno nella nostra dimora, si gettò su di me e mi portò via un pezzo di carne della spalla. Poscia mi lasciò, gettandosi sulla mia nutrice, che mise a brani, e fu ucciso da alcuni cacciatori, i quali mi fecero uscire dal sotterraneo, e mi condussero seco. —

«Il sultano, senza volerne saper altro, chiese al giovane di mostrargli la morsicatura del leone. L’altro denudò la spalla. — Tu sei mio figlio!» sclamò il re, abbracciandolo. Fece tosto radunare i grandi del regno, e disse:

«— Ciò che Iddio ha destinato, non può a meno di accadere; invano si vorrebbe opporsi a’ suoi decreti: ciascuno deve umilmente rassegnarvisi; mio figlio non ha fatto che obbedire al suo destino; io