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all’apertura del sotterraneo, e chiamò la nutrice, secondo l’usato. Nessuno rispondendo, fece discendere uno del seguito, che gli disse d’aver trovato la nutrice sbranata, ed un leone schiacciato e trafitto di dardi; ma che non aveva veduto il fanciullo.

«Ibrahim non dubitò che suo figlio non fosse stato divorato dal leone; si percosse il viso e pianse a calde lagrime. Ritornato al palazzo, chiamò gli astrologi, ed annunziò loro l’adempimento della fatal predizione.

«— Principe,» risposero gli astrologi, «voi non siete sicuro di ciò ch’è avvenuto: se vostro figlio fu divorato dal leone, ha subito il suo funesto destino, e non avete a temer nulla da lui; ma se trovò il modo di fuggire, voi dovete impedire che la sua mano tronchi il filo dei vostri giorni. — «Il sultano, credendosi sicuro della morte del figlio, fece poca attenzione a quelle parole, ed il tempo gliele fe’ intieramente dimenticare.

«Il villaggio, ove si era rifugialo il principe, apparteneva al sultano suo padre. Gli abitanti si erano più d’una volta sollevati contro di lui, e molti fra di essi, usi a portare le armi, uscivano spesso per far scorrerie nei dintorni, e spogliare i viaggiatori. Il sultano, informato di quei brigandaggi, risolse di reprimerli, ed impedire che non si rinnovassero; radunò alcune truppe, e si pose alla loro testa, col progetto d’investire il villaggio, impadronirsi dei più colpevoli, e disarmare gli altri.

«Gli abitanti del villaggio, credendo d’aver a fare con pochi soldati senza capo, ed ignorando che il re in persona marciasse contro di loro, vollero respingere i primi che si presentarono. Il giovane, fra gli altri, afferrato un arco, scoccò una freccia che andò a colpire il sultano e lo ferì mortalmente.

«I contadini, avendo riconosciuto contro chi combattevano, abbassarono le armi. Si arrestò chi ave-