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stri sforzi per deciderlo ad ordinare la morte del colpevole. —

«Il consiglio fu approvato da tutta l’assemblea; i dieci visiri si recarono dal re, e posternatisi dinanzi a lui, uno di essi prese così la parola:

«— Sire, quel giovane schiavo si lusinga di sedurvi colla magia de’ suoi discorsi; approfitta della compiacenza colla quale prestate orecchio alle sue vane sentenze e trionfa del successo delle sue astuzie. Perchè non potete piuttosto udire i discorsi che si tengono intorno a voi, le mormorazioni del popolo, i suoi sediziosi detti, ingiuriosi all’onore di vostra maestà! Forse allora prestereste maggior attenzione ai consigli che ci destano la prudenza e l’affezione che abbiamo per voi. Ma, per quanto inutili siano state finora le nostre rimostranze, noi non dobbiamo perciò rinunciare al nostro dovere, e cessar di esporvi la verità. Riuniti qui tutti e dieci al vostro cospetto, noi vi attestiamo ancora che quel giovane è colpevole, e non si è introdotto nel vostro appartamento se non per disonorarvi. Se non volete farlo perire, scacciatelo almeno dal vostro impero; si meraviglierà della vostra indulgenza, che potrà aver forse conseguenze funeste; ma almeno la presenza dell’infame non insozzerà più questi luoghi, e non sarà più soggetta d’onta e di scandalo.

— «Quel discorso infiammò il corruccio del re, il quale ordinò di condurgli il giovane. Quando comparve, i dieci visiri mandarono tutti insieme un grido contro di lui, e dissero: — Perfido, tu credi evitare la morte ed ingannare il re coi tuoi racconti; ma come puoi lusingarti di ottenere il perdono d’un delitto che offende le leggi, i costumi, la religione, e compromette insieme la gloria del monarca o la sicurezza dell’impero?» Il re avendo ordinato che si facesse venire il carnefice, tutti i visiri offrirono il loro braccio e disputaronsi l’onore di farne la veci.