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più bello di questi, quello di perdonare, era il solo di cui non facesse mai uso.
«Un giorno che Beherkerd trovavasi a caccia, una freccia scoccata imprudentemente dietro di lui, lo ferì in un orecchio. Il re, trasportato di rabbia, ordinò si cercasse e gli si conducesse il colpevole. Era un giovane ufficiale, il quale, avendo veduto da sè stesso l’effetto del suo strale, era caduto a terra privo dei sensi. Fu portato in quello stato ai piedi del re, il quale ordinò di metterlo a morte. Il giovane ufficiale, rinvenuto, gli si prostrò dinanzi, quando udì proferire la fatal sentenza, e disse:
«— Sire, il fallo da me commesso fu l’effetto di un’inavvertenza, e non un disegno premeditato; voi potete perdonarmi, io imploro la vostra clemenza: perdonare è la più bell’azione cui un gran re possa fare: chi perdona è sovente ricompensato in questo mondo, e preparasi un tesoro nell’altro; conservatemi la vita, ve ne scongiuro; Dio conserverà qualche giorno la vostra. —
«Il re fu più sorpreso da quest’ultime parole, che sembravano minacciargli grave pericolo, che tocco dalle preghiere del giovane, e contro l’universale aspettativa, gli accordò la grazia.
«L’ufficiale, da tutti riguardato come un semplice particolare, era ben superiore a quanto sembrava, essendo il figlio del re d’Oman. Alcuni tratti di vivacità avendo eccitata contro di lui la collera del padre, il giovane aveva abbandonato la corte, rifugiandosi presso Beherkerd, ove, assunto un nome falso, ottenne impiego.
«Poco tempo dopo l’accidente che mise in pericolo la sua vita, fu riconosciuto da uno dei sudditi del padre. Questi, informato del ritiro del figliuolo, gli scrisse subito per indurlo a tornare, assicurandolo che nulla aveva a temere da parte propria. La lettera era concepita in