Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
290 |
STORIA
DEL RE KHADIDAN
«Io salii al trono ancor giovanissimo. Abbagliato della mia gloria ed ebbro della mia potenza, credeva che tutti i miei vicini dovessero sottomettersi alle mie leggi. Uno di essi si mostrò geloso della propria indipendenza; gli dichiarai guerra. Egli aveva appena un pugno d’uomini da oppormi; io era alla testa di agguerrite milizie e credeva marciare a certa vittoria: l’esito distrusse crudelmente ogni mia illusione. Costretto a vergognosa fuga, mi vidi obbligato ad abbandonare i miei stati al vincitore, e ritirarmi nelle montagne con cinquanta uomini, che non avevano voluto abbandonarmi.
«La provvidenza mi fece incontrare fra quegli scoscesi dirupi un dervis, rinchiuso nel suo romitaggio e tutto dedito agli esercizi e pratiche della religione. Strinsi amicizia con lui, e gli raccontai le mie sventure. — Io non so,» gli dissi terminando, «ciò che ha potuto cagionare la mia disfatta: il mio nemico aveva soli ottocento uomini, ed io invece ottocentomila.
«— Il vostro nemico,» mi disse quel sant’uomo, «riponeva la sua fiducia in Dio, e voi riponevate la vostra nel numero delle vostre truppe; ecco perchè foste vinto. Riconoscete il vostro errore, e sperate nel soccorso dell’Onnipossente. —
«Quelle parole furono per me un raggio di luce; alzai gli occhi al cielo, e mi pentii dell’orgoglio e della presunzione che m’avevano fin allora acciecato. Poco tempo dopo, il buon dervis venne a trovarmi,