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ceva il re di Persia. Riflettè alla perdita che avrebbero fatto i sudditi, ed alla desolazione della di lui famiglia, e tentò distoglierlo dalla sua risoluzione, parlando allo schiavo, che le portò da mangiare, in questi termini:

«— Dite al re, da parte mia, che non deve abbandonare per me la cura de’ suoi stati, e sottrarsi alla tenerezza di chi lo circonda; ritorni nel suo palazzo vicino alle mogli ed ai figli. Quanto a me, nulla ormai più mi lega al mondo; il titolo di regina non potrebbe farmi cambiar di proposito, e debbo restare in questi luoghi sol per dedicarmi alla preghiera. —

«Adempiuta dallo schiavo la commissione ond’era incaricato, il re fece rispondere che nessuna considerazione poteva fargli mutar pensiero, e non potere far di meglio, se non rinunciare anch’egli al mondo. Aroa, vedendo l’irremovibile fermezza del re, non credette dover più a lungo resistere, ed adorò i disegni della Provvidenza, che vegliava su di lei per vendicarne l’innocenza e far trionfare la sua virtù.

«— L’interesse del vostro popolo,» disse a Chosroe, «m’impone il dovere di cedere ai vostri desiderii, io acconsento a diventar vostra sposa, a patto però che ordinerete al re Dadbin, vostro vassallo, di recarsi alla vostra corte col suo visir Cardan, ed il capo degli eunuchi. Il colloquio che voglio tener con essi alla vostra presenza, vi farà note cose che non dovete ignorare.»