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cino al suo, ed ordinò di fare i preparativi per le nozze della figlia. Due giorni sembravano indispensabili a tal uopo; ma questo ritardo parve un secolo all’innamorato giovane: egli voleva ad ogni costo vedere la principessa, e cercava ogni mezzo per soddisfare il suo impaziente ardore; ma gli usi della corte, la vigilanza della regina madre, la quale non abbandonava mai la principessa, e la teneva accuratamente rinchiusa, resero inutili i vari tentativi del principe.

«Il terzo giorno, fissato per la cerimonia degli sponsali, essendo sorto infine, il principe, saputo che il suo appartamento era separato da quello della principessa da un semplice muro, lo esamina con attenzione, scorge una piccola apertura e vi applica gli occhi.

«Si stava allora occupati nella toletta della sposa; la madre, accortasi che qualcuno la guardava, prese due ferri roventi delle mani delle donne che la pettinavano, le introdusse nell'apertura ed abbacinò gli occhi del principe. Il dolore gli fece mettere un acuto strido, e cadde fuor de’ sensi. Accorsero i suoi in di lui soccorso, lo rialzarono, e richiamatolo alla vita, gli chiesero per qual infausto caso fosse ridotto in quello stato. La sua disgrazia gli fece allora conoscere il proprio difetto. - Fu la mia impazienza,» rispose sospirando; «fra pochi istanti io stava per possedere sospirando; «fra pochi istanti io stava per possedere e contemplare a mio talento colei che doveva rendermi felice; non ho potuto aspettare alcuni momenti; i miei occhi vollero troppo presto bearsi nella di lei vista, e ne furono puniti colla privazione della luce. —

«Così fu, o re,» soggiunse il giovane intendente, «che l’impazienza di Behezad gli fece perdere la speranza di essere felice al momento in cui stava per divenirlo, e la precipitazione di quella che doveva essergli suocera, fu l’istrumento della sventura di quel principe.