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«L’incognito, il quale era, come ognuno avrà compreso, il padre del giovane, struggevasi in lagrime al pari di sua moglie, prosternati ai piedi del re. Questi, commosso da tale spettacolo, li fece alzare, e disse al vecchio di raccontargli la sua storia.

«Appena n’ebbe udite alcune parole, mandò un grido, scese dal trono, e gettossi al collo del vecchio, sclamando: — Voi siete mio padre!» Abbracciò poscia la madre, corse dal fratello, gli tolse dagli occhi la benda, e se lo strinse al seno.

«È così, o re!» disse il giovane intendente terminando, «è così che la precipitazione del mercante gli cagionò molti dispiaceri, e che la saggia lentezza di suo figlio gl’impedì di far morire il fratello, e gli fece trovare i genitori. Che vostra maestà adunque non si affretti a farmi perire, nella tema di non doversi quindi pentire, ed essere dolente della mia morte. —

«Il re, udita la storia del mercatante e de’ suoi figli, ordinò di nuovo di ricondurre il giovane schiavo in carcere, e disse al visir che esaminerebbe ancora all’indomani quell’affare, ma che l’indugio non avrebbe impedito che il colpevole espiasse colla morte il commesso delitto.

«La mattina dopo, era il terzo giorno della prigionia del giovane principe, il terzo visir si presentò al re, e gli disse: — O re! non perdete di vista l’affare del giovine intendente, e non differite più a lungo il castigo che ha meritato; la sua audacia è conosciuta da tutti i vostri sudditi, e se ne aspetta con impazienza la punizione. Fatelo morire al più presto, affinchè si cessi dal parlare di costui, e non si dica che il re ha trovato un giovane nell’appartamento della regina e gli abbia perdonato un delitto che non meritava pietà.» Il monarca, inasprito da quelle parole, ordinò che gli fosse condotto dinanzi il giovane intendente carico di catene, e così gli parlò: — Scia-