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avanzarsi nella tenda, e mettere la mano alla spada. Allora, trasportato dallo sdegno, senza aspettar altro, ordinò di arrestarlo, e gli disse: — Ecco adunque la ricompensa de’ miei benefizii io ti ho dimostrata una stima ed amicizia particolare, e tu vuoi attentare a’ miei giorni! —

«Due dei paggi del re inoltraronsi, e chiesero se dovevano far balzar la testa al giovane mercatante. — La precipitazione,» rispose il monarca, «è soventi volte dannosa: si può sempre punire un colpevole, ma non si può dare la vita all’uomo cui fu tolta. Bisogna prima esaminare accuratamente le cose.» Il re ordinò soltanto che si conducesse il giovane in prigione, e rientrò nella città, occupandosi d’altri affari.

«All’indomani, andò ancora alla caccia, e non ne tornò che alla sera; sembrando avesse dimenticato l’affare del favorito, i visiri gli dimostrarono essere pericoloso il tardar a punire in simili circostanze; che la speranza dell’impunità poteva incoraggiare gli ambiziosi, e che già il popolo mormorava.

«Il re sentì allora riaccendersi la collera, ed ordinò che, condottogli il giovane, lo si decapitasse. Gli furono bendati gli occhi; il carnefice alzò il brando sul di lui capo, e volgendosi al monarca, secondo l’usato, chiese se dovesse scagliare il colpo mortale.

«Questi, scorgendo in quel punto un vecchio ed una donna che accorrevano, cogli occhi bagnati di lagrime, e con tutti i segni della maggior desolazione, ordinò di sospendere il supplizio, fece avanzare gli sconosciuti, prese un foglio che il vecchio gli presentava, e vi lesse ad alta voce queste parole:

««In nome del Dio di bontà e di misericordia, non affrettatevi a far morire quel giovane! Un eccesso di precipitazione mi rese causa della morte di suo fratello, e ne piango ancora la perdita. Se volete una vittima, fate morir me in sua vece.»»