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«Il caso volle che si fossero rubate da poco tempo ad un gioielliere della città dieci perle simili a quello del mercatante. Il gioielliere, vedendo le due perle nelle mani del banditore, gli chiese a chi appartenessero. Questi gli mostrò l’uomo che gliele aveva date da vendere. Il gioielliere, vedendo quel tapino poveramente vestito, credette aver trovato il ladro delle sue dieci perle.

«In tale persuasione, avvicinatoseglì, gli domandò con dolcezza dove fossero le altre otto. Il mercadante, di buona fede, credette che si parlasse delle otto perle cucite nella veste, e rispose ingenuamente essergli state rubate dai ladri.

«A quelle parole, il gioielliere non dubito più che il mercatante non avesse preso le perle. Gli si scagliò addosso, e condottolo del giudice di polizia, l’accusò di aver derubate le sue dieci perle, allegando in prova la somiglianza delle due colle sue, e la confessione del mercatante che diceva aver avuto in mano le altre otto. Il giudice di polizia, al quale il gioielliere aveva fatto prima la dichiarazione del furto, fece bastonate il mercatante e lo mandò in prigione.

«Era già un anno che lo sventurato trovavasi in carcere, allorchè il caso vi fece mettere uno dei pescatori che gli avevano regalato le perle. Questi lo riconobbe, gli dimandò per qual motivo si trovasse in prigione, ed udita la sua storia, si maravigliò della sventura che lo perseguitava accanitamente.

«Il pescatore, messo in libertà poco dopo, fece conoscere al re l’innocenza del mercadante, e protestò di avergli regalate le perle onde lo si accusava di aver rubate. Il re fece scarcerare il mercatante, pregò di raccontargli la sua storia, e fu sì impietosito delle sue disgrazie, che gli diede alloggio nel proprio palazzo e gli assegnò una pensione.