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grave età v’abbia fatto perdere il cervello: fra Memfi e Ninive v’hanno trecento sessantotto parasanghe1; come mai quel gatto può aver fatto due volte tale strada in una notte? — Principe,» rispose Hicar, «se v’ha tanta distanza fra Memfi e Ninive, come poteste voi udire il nitrito del cavallo del re mio padrone? —
«Faraone sorrise a quella risposta, e disse: — V’ha qui una macina da molino che si è infranta; io vorrei che tu la potessi aggiustare.» Hicar, vedendosi vicino una pietra di specie più dura, la mostrò al re, dicendogli: — Principe, io sono straniero, e non ho con me gli arnesi necessari a fare ciò che voi dite; ma comandate ai vostri operai di farmi con questa pietra lesine, punteruoli e cesoie, affinchè io possa ricucire la macina spezzata. —
«Faraone non potè trattenersi dal ridere della presenza di spirito d’Hicar, e volle fargli un’ultima quistione, più grave in apparenza. — Senza dubbio,» gli disse, «un filosofo par tuo possiede segreti per cambiare la natura delle cose, e dar arrendevolezza a materie che ne sembrano meno suscettibili. Io vorrei avere due corde fatte di sabbia fluviale. —
«Hicar domandò al re di fargli portare due corde per modello, e quando le ebbero recate, uscì dalla sala, fece nel muro, esposto a mezzogiorno, due fori della grossezza delle corde, e prese un pugno di sabbia. Il sole essendo giunto ad una certa altezza, i suoi raggi s’introdussero nei buchi; Hicar gettò un po’ di sabbia dinanzi ai raggi che formavano le immagini allungate simili a corde, e disse al re di far prendere le funi dagli schiavi. Faraone trovò ingegnosa l’astuzia, e sclamò:
- ↑ La parasanga antica corrispondeva all’incirca alla lega francese di venticinque al grado.