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propria gioia: gli corse incontro, l’abbracciò piangendo, gli dimostrò il piacere che provava nel rivederlo, e cercò di consolarlo, e scusarsi del proprio operato.
«— La mia disgrazia,» rispose Hicar, «fu opra della perfidia e dell’ingratitudine. Io ebbi cura d’un palmizio, mi sono appoggiato a lui, ed egli mi rovinò addosso. Ma giacchè posso ancora servirvi, obbliate i mali da me sofferti, e non abbiate alcuna inquietudine per la salute e la gloria dell’impero. — Ringrazio Iddio,» ripigliò il re, «che ha veduto la vostra innocenza, e conservati i vostri giorni. Ma lo stato in cui vi trovate mi obbliga a differire alquanto a ricorrere ai vostri buoni consigli. Ritornato a casa, occupatevi del ristabilimento della vostra salute, abbandonatevi al riposo ed alla gioia, e fra alcuni giorni, venite da me. —
«Hicar tu ricondotto in trionfo al suo palazzo. La di lui moglie dimostrò con isplendide feste il piacere che aveva nel veder riconosciuta la di lui innocenza I suoi amici vennero a complimentarlo, e stette allegro con essi per vari giorni. Nadan, al contrario, dopo essere stato testimonio dell’accoglienza dal re fatta allo zio, si era ritirato in casa sua, pieno di turbamento e d’inquietudine, e non sapendo a qual partito appigliarsi.
«Scorsi alcuni giorni, Hicar andò a visitare il re con tutta la pompa dell’antica dignità, preceduto e seguito da numerosa folla di schiavi; Sencharib se lo fece sedere accanto, e fattagli leggere la lettera di Faraone, gli disse poscia che gli Egizi insultavano già le province assire, e che gran quantità d’abitanti erano passati in Egitto per non pagare il tributo che il vinto doveva mandare al vincitore. —
«Hicar, leggendo la lettera, aveva immaginato il modo di rispondervi. — Non abbiate alcuna inquietudine,» disse a Sencharib; «andrò in Egitto, e rispon-