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NOTTE CDXLII


— Il pescatore era sì contento di quell’incontro, che non pensò a gettar le reti secondo il solito, e condusse la figlia del mare nella sua capanna, situata poco lontano dalla spaggia. — Buona fortuna!» disse alla moglie entrando; «da tanto tempo che faccio il pescatore; non fui mai sì fortunato com’oggi: ho presa una figlia del mare. Dov’è nostro figliuolo? Questa donna è nata per lui, e voglio dargliela in isposa. — È andato al pascolo colla giovenca ed a farla lavorare,» rispose la moglie; «fra poco sarà qui.» Infatti, il giovane giunse poco dopo.

«— Maledetta sia l’avventura!» disse sottovoce il visir, vedendolo; «questa stessa notte dovrò diventare la sposa di codesto marrano, ed avrò bel dire a costoro: Che fate? Siete in errore: io sono il visir del califfo! Essi non mi crederanno, avendo il sembiante di donna. Ah! a che mi sono esposto? Qual bisogno aveva di questo divertimento?

«— Giovane,» disse il pescatore a suo figlio, «bisogna che tu sia nato sotto una buona stella: il cielo ti manda ciò che non ha mai mandato a nessuno, e che non invierà probabilmente mai ad alcun altro: io ti conduco una figlia del mare: tu sei giovane, sei nubile: quest’oggi ella sarà tua moglie. —

«Il giovane fu contentissimo di quella proposizione, sposò la donna nella medesima sera, e la rese incinta. In capo a nove mesi, essa mise alla luce un bel bambino, che dovette allattare; si trovò ancora