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rono alla di lui presenza, mandò a cercare il boia, e gli ordinò di tagliare la testa al giovane. Il carnefice gli stracciò i lembi del vestito, e bendatigli gli occhi, girò tre volte intorno a lui, brandendo la spada sulla sua testa, e domandando se dovesse ferire.

«— Dovresti averlo già fatto,» rispose il califfo l’ultima volta.

«Tosto il carnefice alzò il braccio e scagliò il colpo fatale; ma il braccio essendosi voltato, suo malgrado, il colpo cadde sul compagno, che stavagli di dietro, e fe’ volarne la testa ai piedi del califfo. — Malaccorto!» gridò questi; «sei così cieco da colpire il tuo compagno, invece del colpevole, che ti è dinanzi? Guardalo bene, e bada a quel che fai.» Il carnefice alzò una seconda volta il braccio, e fece volare la testa di suo figlio, che si trovava al di lui fianco. Tutti gli astanti furono colti di spavento.

«Il califfo, non potendo riaversi dalla sorpresa, chiese al visir che cosa ciò significasse. — Gran principe,» rispose questi, «tutta la vostra potenza sarebbe inutile: quali mezzi opporre a prestigi e ad incantesimi? L’uomo che trasporta via vostra figlia col suo letto, che fa d’improvviso della sua casa un’isola circondata da abissi, non potrebbe togliervi l’impero e la vita? Io vi consiglio di andare dal medico, trattarlo onorevolmente e pregarlo di non farci alcun male. —

«Il califfo s’avvide non esservi nulla di meglio che seguire il consiglio del visir: ordinò che si facesse alzare il giovane e gli si levasse la benda; poscia scese dal trono, andò dal medico, e gli disse, baciandogli la mano: — Oh il più sapiente degli uomini! Io era ben lontano dall’immaginarmi il vostro merito, ed ignorava di possedere nella mia capitale un tal tesoro. Ma se le vostre virtù e la vostra generosità eguagliano, come ne son certo, la potenza