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venir qui il nostro sovrano; per narrargli in qual maniera fui trattato per ordine del suo visir Giafar; son certo che, se potesse ascoltarmi, mi renderebbe la libertà e punirebbe il suo visir per aver firmato sì leggermente l’ordine di rinchiudermi. Io spero che aggiungerete le vostre preghiere alle mie, per ottenere dal cielo la grazia che gli domando. —

«Il califfo, a tali parole, guardò Giafar. Questi, assai meravigliato, cercava fra se chi fosse quel giovane, e su qual cosa fossero fondate le sue querele; ma riflettendo ch’era pazzo, e che non bisognava far attenzione ai detti de’ mentecatti, sorrise ed alzò le spalle.

«Aaron, bramoso di conoscere la verità, disse al giovane: — Acconsento volontieri ad udire il racconto della vostra storia, e vi prometto che pregheremo il cielo di mandarvi il califfo; onde farvi render giustizia. — Dio vi ascolti!» rispose il giovane; «sedete.» Il principe sedette, ed egli cominciò così la narrazione:

«— Mio padre è sindaco dei mercatanti di Bagdad. Egli invitò una sera a cena molti negozianti della città. Ciascun d’essi aveva condotto seco il primogenito. Dopo uno splendido pasto, al quale si fece onore, ed ove si sollazzarono molto, la conversazione cadde sulla carriera da darsi ai figliuoli. Questi, approfittando dell’allegria e del buon umore, esternarono liberamente la loro inclinazione per questa o quella parte del commercio, pregando i genitori di avviarveli. Uno diceva: — Padre, io vorrei che voi mi faceste viaggiare.» Un altro: — Padre, vorrei che mi apriste una bottega.» Un terzo: — Padre, io vorrei fare il commissionario.» Infine, tutti i ragazzi presenti volevano fare chi una cosa, chi un’altra, ed i loro genitori promettevano sempre di soddisfarli.

«Io ascoltava attentamente tutti que’ discorsi, ed