Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/177


165

«A tali parole, Giafar fuggì e recossi dal califfo. — Perchè l’hai lasciato così subito?» disse questi. — Signore,» riprese Giafar, «colui è un empio, un impostore: dice di essere un profeta mandato da Dio. — Ciò non è impossibile,» soggiunse il califfo; «Dio ha creati molti profeti, che mandò agli uomini in diversi tempi; ma ogni profeta deve provare la sua missione con evidenti miracoli: va dunque, e domandagli quai miracoli abbia operato. —

«Giafar rientrò nella camera del pazzo, e gli disse: — I profeti che v’hanno preceduto operarono miracoli evidenti: quali sono quelli che faceste? — Se volete un miracolo,» rispose il pazzo, «io ve ne farò subito uno, affinchè mi crediate. — Scegliete voi stesso, e fatelo dinanzi a me,» rispose Giafar. — Andate,» disse il pazzo, «salite su quell’alto edificio, e precipitatevi dalla terrazza; voi andrete a terra, e vi romperete il collo. Io verrò tosto da voi, e dirò: Alzati! e voi vi alzerete sano e salvo.

«— Vedo che siete un vero profeta,» disse Giafar, «e credo di tutto cuore alla vostra missione.» Egli tornò dal califfo, e gli raccontò ciò che il pazzo aveva detto. — A quel che vedo,» disse Aaron, «tu non hai volontà di esperimentare la sua potenza. Eppure il merito degli uomini si conosce alla prova, dice il proverblo. —

«Aaron entrò poscia coi compagni nella terza camera. Vi trovò un giovane ancora imberbe, d’interessante aspetto, il quale tenevasi un libro che leggeva. Il califfo lo salutò, colui gli rese il saluto. — Perchè vi trovate qui?» gli chiese; giacchè mi sembra che abbiate tutta la vostra ragione.» Il giovane, traendo un profondo sospiro rispose:

«— Sedete qui tutti, rispettabili dervis; affinchè v’apra il mio cuore e vi racconti la causa della mia detenzione. Ogni giorno io prego Iddio, onde faccia