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schild, egli lo investì d’una delle prime dignità del palazzo, e gl’ingiunse di tornar subito a casa. Fattolo salire sur un cavallo di corte, gli emiri lo accompagnarono e lo ricondussero a casa in trionfo, fra gli applausi di numeroso popolo e le melodie d’ogni sorta di strumenti. La madre e sua sorella, udendo da lungi le grida del popolo ed il fracasso dei tamburi, non sapevano cosa fosse. D’improvviso gli uscieri bussarono alla porta, ed annunciata la grazia d’Alaeddin e la nuova sua dignità, chiesero nel medesimo tempo la ricompensa della buona notizia, e se ne andarono tutti contenti della generosità delle donne.

«Alaeddin comparve fra poco in persona. La madre e sua sorella gli saltano al collo, se lo stringono al seno, e versano lagrime di gioia. Il giovane siede e racconta loro la sua avventura. Osservando poscia la magnificenza della casa, ne dimostra la propria meraviglia alla madre. Ella gli narra che, il giorno del di lui arresto, la casa era stata spogliata e saccheggiata, spezzati i marmi, le porte, i mobili; che non vi aveano lasciato il valore d’una dramma, e ch’erano rimaste tre giorni senza mangiare.

«— Ma d’onde vengono tutte queste cose, questi effetti, questi mobili, questi vasi? Chi ha decorata e, ornata codesta casa in sì breve tempo? Tutto quello ch’io vedo sarebbe un sogno? — Non è un sogno, ma una galanteria di mio genero, che fece tutto ciò in un sol giorno. — Chi è vostro genero? Quando maritaste mia sorella, e chi ha potuto sposarla senza il mio consenso? — Non adirarti, figliuol mio, senza di lui noi saremmo perdute. — Che professione fa mio cognato? — Il ladro,» Alaeddin, a tali parole, poco mancò non soffocasse per la rabbia e l’indignazione. — Chi è dunque codesto ladro che osa diventar mio cognato? Per la tomba degli avi miei! gli taglierò la testa. — Lasciamo là questo bandito; egli