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lungi: altrimenti, curioso delle rarità della natura qual sono, ne avrei udito parlare. Con qual nome lo chiamate?

«— Sire,» rispose la giovane, «questa pianta non porta altro nome fuor di quello d’albero che canta, e non alligna nel nostro paese; sarebbe troppo lungo il raccontarvi come si trova qui. È una storia che ha rapporto coll’acqua gialla e coll’uccello che parla, a noi venuto nel medesimo tempo con essi, e che la maestà vostra potrà vedere dopo aver considerata l’acqua gialla davvicino quanto desidera. Se non lo avrà discaro, mi farò l’onore di raccontargliela, quando si sia riposata e rimessa dalla fatica della caccia, alla quale ne va aggiungendo, mi pare, una nuova, coll’incomodo che si prende sotto l’ardente sferza del sole.

«— Mia bella,» riprese il sultano, «io non mi avveggo dell’incomodo che dite, tanto è ben compensato dalle cose meravigliose che mi mostrate; dite piuttosto ch’io non penso a quello che vi do. Terminiamo adunque, e vediamo l’acqua gialla; ardo già di voglia di vedere ed ammirare l’uccello che parla. —

«Giunto alla fontana d’acqua gialla, tenne a lungo gli occhi fissi sullo zampillo, che non cessava di fare uno stupendo effetto, slanciandosi nell’aria e ricadendo nel bacino. — Secondo voi, mia bella,» diss’egli, sempre volgendosi alla principessa, «quell’acqua non ha sorgente, e non viene da verun sito dei contorni, condotta da canale sotterraneo; almeno così comprendo che è forestiero al par dell’albero che canta.

«— Sire,» ripigliò la donzella, «è appunto come dice vostra maestà; e per prova che l’acqua non viene d’altra parte, vegga che la vasca è d’un sol pezzo, talchè non può venire nè dai lati, nè dal