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ventura fosse venuta in cognizione di quel tesoro.

«— Fratelli,» rispose quella, «a meno che qualche affare urgente non vi chiami altrove, venite con me, e ve lo dirò.» Perviz riprese: — Qual affare più urgente potremmo mai avere, che d’essere informati di questo che tanto ne interessa? Non ne avavamo altro fuor di quello di venirvi incontro. —

«Allora Parizade, ripigliando, in mezzo ai due fratelli, la via verso casa, raccontò loro il consulto tenuto coll’uccello, come n’erano già convenuti, la domanda, la risposta, ciò ch’ella avevagli obbiettato a proposito della pietanza di cedriuoli ripieni di perle, ed il mezzo somministratole di procurarsene, insegnandole il luogo dove aveva trovata la cassettina. Fecero i giovani parecchi ragionamenti per penetrare a qual fine l’uccello volesse far ammannire al sultano un cibo di tal fatta, sino a farle trovare il mezzo di riuscirvi; ma in fine, dopo aver ben bene discusso pro e contro su tale materia, dovettero concludere di non comprendervi nulla, e che intanto bisognava uniformarsi esattamente al consiglio.

«Rientrata in casa, la principessa fece chiamare il capo della cucina, il quale comparve subito alla di lei presenza, ed ordinatogli il pranzo per trattare il sultano nel modo che intendeva: — Oltre a ciò che ho detto,» soggiunse, «bisogna mi facciate un piatto espressamente per la bocca del sultano, e perciò, che niuno vi metta mano fuor di voi. È codesto un piatto di cedriuoli ripieni, che farete con queste perle.» E nello stesso tempo, aperto lo scrigno, glie le mostrò:

«Il capocuoco, il quale non avea mai inteso parlare d’un ripieno simile, arretrò due passi, con un volto che bastantemente palesava il suo pensiero. Lo comprese la principessa, e: — Veggo bene,» disse, «che tu mi prendi per una pazza, ordinandoti un intingolo, del quale non udisti mai parlare, e di cui