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«— Rotolò questa, e continuò a rotolare quasi coll’egual celerità che il principe Bahman le aveva impresso gettandola, il che fece ch’ei si trovasse costretto ad accomodare la corsa del cavallo, onde seguirla, alla medesima rapidità per non perderla di vista; la seguì non per tanto, e quando fu giunta al piede della montagna, menzionata dal dervis, la palla si fermò, ed egli allora disceso da cavallo, nè questi si mosse dal luogo, nemmen quando gli ebbe gettata sul collo la briglia. Rimirata quindi con attenzione la montagna, e notate le pietre nere, cominciò ad ascendere, ma non avea mutato quattro passi, che, senza vedere alcuno, si fecero udire quelle voci delle quali avevagli parlato il dervis. Dicevano le une:

«— Dove va quello stordito? Dove va egli? Cosa vuole? Non lasciatelo passare. —

«Altre: — Ferma, ferma! dalli dalli! accoppalo! —

«Altre gridavano in voce di tuono: — Al ladro! all’assassino! all’omicida! —

«Altre invece, deridendolo: — Non gli fate male, no; lasciatelo passare, il bel zerbinotto; è davvero per lui che si conserva la gabbia e l’uccello! —

«Malgrado quelle voci importune, Bahman continuò per qualche tempo a salire con costanza e fermezza, facendosi coraggio da sè; ma le voci raddoppiarono con un fracasso sì violento e vicino, tanto davanti come di dietro, che lo spavento finalmente lo vinse. Cominciarono a tremargli le gambe; vacillò, e ben presto, quasi avvedendosi che principiavano a mancargli le forze, dimenticato l’avviso del dervis, si volse per fuggire, scendendo; ma fu sull’istante cangiato in pietra nera: metamorfosi accaduta a tanti altri prima di lui che avevano tentata la medesima impresa, e lo stesso pur avvenne al suo cavallo.

«Dopo la partenza del fratello Bahman pel suo