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«Appena Noreddin fu uscito dal salone, che Sceich Ibrahim, il quale, durante tutta quella scena, erasi tenuto in silenzio, guardò il califfo, cui sempre prendeva per un pescatore. — Ascolta, Kerim,» gli disse, «tu sei venuto a portarci qui due pesci che valgono al più venti monete di rame, e per questo ti fu data una borsa ed una schiava; ora, credi tu che tutto questo sia per te? Ti dichiaro, che voglio la schiava per metà. Quanto alla borsa, mostrami cosa contiene; se è argento, ne leverai una pezza per te; ma se è oro, lo piglierò tutto, e ti darò qualche moneta di rame che mi resta nella borsa. —

«Per ben intendere il seguito di questo racconto,» disse qui Scheherazade interrompendosi, «bisogna notare che prima di recar al salone il piatto di pesce cucinato, il califfo aveva incaricato il gran visir Giafar di andare sollecitamente al palazzo onde condurgli quattro camerieri con un abito, e venire ad aspettarlo dall’altro lato del padiglione, finchè battesse le mani ad una delle finestre. Il gran visir aveva eseguito l’ordine, ed egli con Mesrur e coi quattro camerieri, aspettavano al luogo indicato che Aaron desse il segnale.

«Ora torno al mio discorso,» soggiunse la sultana. «Il califfo, sempre sotto il personaggio del pescatore, rispose arditamente al vecchio custode: — Sceich Ibrahim, non so cosa vi sia nella borsa: argento od oro, lo dividerò con voi di buon cuore; quanto poi alla schiava, voglio tenerla per me solo. Se non volete stare alle condizioni che vi propongo, non avrete nulla. —

«Sceich Ibrahim, trasportato di collera per quell’insolenza, come la considerava a suo riguardo in un pescatore, prese una delle porcellane che stavano sulla tavola, e la scagliò nel capo al califfo. Non riescì difficile a questi di schivare la porcellana get-