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rietta che dilettò assai il califfo; terminando, continuò i concenti senza cantare, suonando con tanta forza ed espressione, ch’ei ne fu come rapito in estasi.

«Quando la Bella Persiana ebbe cessato di suonare: — Ah!» sclamò il califfo; «qual voce, qual mano, che arte! Chi mai ha meglio cantato, e suonato meglio il liuto? No, io non ho mai udito, nè veduto nulla di simile. —

«Noreddin, solito a dare ciò che gli apparteneva a tutti quelli che ne facevano le lodi: — Pescatore,» gli disse, «ben veggo che te ne intendi; poichè essa ti piace tanto, è tua, te ne fo un dono.» E nel tempo stesso, alzatosi, prese l’abito che aveva svestito, e volle partire, lasciando il califfo, cui non conosceva se non per un pescatore, in possesso della Bella Persiana.

«Questa, stupita all’estremo dell’intempestiva liberalità di Noreddin, lo trattenne. — Signore,» gli disse, guardandolo teneramente, «dove intendete mai di andare? Rimettetevi al vostro posto, ve ne supplico, ed ascoltate ciò che sono per cantare e suonare.» Cedette egli alle di lei brame; ed allora, toccando il liuto, o guardandolo colle lagrime agli occhi, essa cantò alcuni versi, cui compose all’improvviso, nei quali rimproveravagli vivamente il poco amore che aveva per lei, abbandonandola sì facilmente e con tanta durezza a Kerim; voleva dire, senza esprimersi di più, ad un pescatore come Kerim, ch’essa, non più di lui, non conosceva pel califfo. Terminando, si mise accanto il liuto, e portossi al volto il fazzoletto per nascondere le lagrime che non seppe frenare.

«Noreddin non rispose una sola parola a que’ rimproveri, e col suo silenzio dimostrò di non pentirsi della fatta donazione: ma il califfo, sorpreso di quanto aveva udito, gli disse: — Signore, da quel che veggo, questa dama sì bella, sì rara ed ammirabile, della quale mi faceste ora dono con tanta generosità, è vo-