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gligenza di Sceich Ibrahim, era entrato in sospetto di quanto poteva essere accaduto, e voleva valersi della congiuntura pel suo disegno, capitò a quel medesimo luogo. Ad onta del suo travestimento, il pescatore lo riconobbe, e se gli gettò ai piedi, domandandogli perdono, e scusandosi per la sua povertà. — Alzati, e non temer di nulla,» si fece a dirgli il califfo; «ritira soltanto le tue reti, acciò vegga qual pesce vi sia dentro. —

«Il pescatore, rassicurato, eseguì tosto quanto il califfo desiderava, e raccolse cinque o sei bei pesci, fra’ quali Aaron scelse i due più grossi, cui fece attaccare insieme per la testa con un vinciglio. Disse quindi al pescatore: — Dammi il tuo abito e prendi il mio.» Il cambio si fece in pochi momenti, e vestito che fu il califfo da pescatore, fino alla calzatura ed al turbante: — Prendi le tue reti,» disse all’altro, «e va pe’ fatti tuoi. —

«Partito il pescatore, contentissimo della sua buona ventura, il califfo prese in mano i due pesci, ed andò a trovare il gran visir e Mesrur; Giafar, cui si era fermato davanti, non lo riconobbe. — Cosa vuoi?» gli disse, «Vattene per la tua strada.» Il califfo si mise a ridere, per cui il gran visir, riconosciutolo: — Commendatore de’ credenti,» sclamò, «è possibile che siate voi? Non vi aveva conosciuto, e vi chieggo mille scuse della mia inciviltà. Ora potete entrare nel salone, senza temere che Sceich Ibrahim vi riconosca. — Restate dunque qui ancora,» disse Aaron ai due compagni, «mentre io vado a rappresentare il mio personaggio. —

«Ascese il califfo al salone, e bussò alla porta. Noreddin, che l’intese pel primo, ne avvertì Sceich Ibrahim, e questi tosto domandò chi fosse. Il califfo allora aprì la porta, ed inoltrandosi solamente d’un passo nel salone per farsi vedere: — Sceich Ibrahim,»