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un buon bevitore non deve mai bere senza cantare prima la sua canzonetta. Fatemi l’onore di ascoltarmi; eccone una delle più graziose. —

«Sceich Ibrahim cantò, ed il califfo ne fu tanto più stupito, in quanto che avea fin allora ignorato ch’egli bevesse vino, credendolo invece un uomo savio e posato, com’eragli sempre apparso. Si allontanò dalla porta colla medesima cautela onde vi si era accostato, e recossi dal gran visir Giafar che stavasene sulla scalea, alcuni gradini sotto di lui. — Ascendi,» gli disse, «e vedi se quelli che stanno là dentro siano ministri di moschea, come tu hai voluto farmi credere. —

«Dall’accento con cui il califfo pronunciò tali parole, conobbe benissimo il gran visir che la faccenda andava male per lui. Pure salì, e guardando dalla fessura della porta, tremò di spavento per sè quando ebbe vedute le tre persone nella situazione e nello stato in cui si trovavano. Tornò tutto confuso al califfo, nè seppe cosa dirgli. — Qual disordine,» gli disse questi, «che quegl’individui abbiano l’ardimento di venire a divertirsi nel mio giardino e dentro al mio padiglione; e che Sceich Ibrahim ne conceda loro l’ingresso, li soffra e si diverta insieme! Non credo però che si possa vedere un giovine ed una damina più belli e meglio accoppiati. Prima di far iscoppiare la mia collera, voglio chiarirmi vie maggiormente, e sapere chi siano, e per qual occasione si trovino qui.» Tornò alla porta per osservarli ancora, ed il visir, che lo seguiva, si fermò dietro di lui, mentre teneva gli occhi fissi su coloro. Intesero entrambi che Sceich Ibrahim diceva alla Bella Persiana: — Amabile mia signora, avvi qualche cosa che possiate desiderare onde rendere più compiuta la nostra gioia di stasera? — Mi sembra,» rispose la Bella Persiana, «che tutto andrebbe a maraviglia, se