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misero a ridere di tutto cuore; il giovine gli empì la coppa, e continuarono a star allegri, a ridere e bere fin circa mezzanotte. Verso quel tempo, la Bella Persiana notò non essere la tavola rischiarata se non da una sola candela. — Sceich Ibrahim,» disse al buon vecchio, «non ci avete portato che una sola candela; eppure ecco qui tante belle lampade! Fateci, ve ne prego, il piacere di accenderle, onde possiamo vederci in viso. —

«Sceich Ibrahim usò della libertà che concede il vino quando se ne ha riscaldata la testa, e per non interrompere un discorso, col quale interteneva Noreddin: — Accendetele voi stessa,» disse alla bella schiava; «ciò conviene meglio ad una giovine come voi; ma badate di non accenderne se non cinque o sei, per un motivo che so io; ciò basterà.» La Bella Persiana si alzò, andò a prendere una bugia cui venne ad accendere alla candela che stava sulla tavola, ed accese tutti gli ottanta ceri senza badare a quello che Sceich Ibrahim le aveva detto.

«Alquanto tempo dopo, mentre il custode interteneva sur un argomento la Bella Persiana, Noreddin alla sua volta lo pregò di voler accendere alquanti lampadari. Senza badare che tutte le bugie erano già accese: — Bisogna,» rispose il vecchio, «che siate ben pigro, o che abbiate meno vigore di me, se non potete farlo da per voi. Andate, accendeteli, ma tre soli!» Invece di contentarsi a quel piccolo numero, li accese tutti, ed aprì le ottanta finestre, al che Sceich Ibrahim, tutto inteso a conversare colla Bella Persiana, non prestò veruna attenzione.

«Il califfo Aaron-al-Raschid allora non erasi ritirato, ma trovavasi in una sala del suo palazzo che sporgeva sul Tigri, e guardava dalla parte del giardino e del padiglione delle pitture. Avendo aperto per caso una finestra da quel lato, rimase sommamente sor-