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ma vergognavasi di farlo davanti a persone che non conosceva. Andava alla bettola di nascosto come tanti altri, e non aveva prese le precauzioni da Noreddin insegnategli per recarsi a comprare il vino; ma era stato a prenderlo senza cerimonie da un tavernaio ov’era conosciutissimo; la notte avevagli servito di mantello, risparmiando così il denaro, cui avrebbe dovuto dare a quello che avesse incaricato di eseguire la commissione, secondo la lezione di Noreddin.

«Mentre Sceich Ibrahim, dopo aver bevuto, finiva di mangiare il pomo, la Bella Persiana gliene colmò un’altra tazza, ch’egli tracannò con minor difficoltà, e non ne fece poi alcuna alla terza. Stava bevendo in fine la quarta, allorchè Noreddin, cessando di far l’addormentato, si alzò a sedere, e prorompendo in grandi scrosci di risa: — Ah! ah! Sceich Ibrahim,» sclamò, «vi ci ho colto; mi avevate detto di aver rinunciato al vino, ma però non tralasciate di berne! —

«Il custode non si attendeva a quella sorpresa, talchè gliene salì il rossore alquanto al viso; questo però non gl’impedì dal terminar di bere, e quindi: — Signore,» disse ridendo, «se vi è peccato in ciò che feci, la colpa non deve ricaderne sopra di me, ma sulla signora: come non arrendersi a tante grazie! —

«La Bella Persiana, che se la intendeva con Noreddin, prese le parti del vecchio. — Sceich Ibrahim,» gli disse, «lasciatelo ciarlare, e non prendetevi soggezione: continuate a bere, e stiamo allegri.» Poco dopo, Noreddin si versò da bere, ed altrettanto fece poscia alla Bella Persiana; siccome il custode vide che non gliene versava, prese una tazza, e presentandogliela: — Ed io,» gli disse, «pretendereste che non bevessi al par di voi? —

«A tali parole, Noreddin e la Bella Persiana si