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loro faceva, ed essa ne cantò una che lo rapì in estasi.
«Quando la Bella Persiana ebbe finito di cantare, Noreddin empì una tazza di vino, e la presentò al vecchio. — Sceich Ibrahim,» gli disse, «bevete un sorso alla nostra salute, ve ne prego. — Signore,» rispose egli arretrando, come se la vista del vino avessegli fatto orrore, «vi supplico di scusarmi: ebbi già l’onore di dirvi che ho da gran tempo rinunciato al vino. — Poichè assolutamente non volete bere alla nostra salute,» disse Noreddin, «non vi dispiaccia almeno ch’io beva alla vostra. —
«Mentre il giovine beveva, la Bella Persiana tagliò la metà d’un pomo, e presentatala a Sceich Ibrahim: — Non avete voluto bere,» disse, «ma non credo abbiate la medesima difficoltà a gustare di questo pomo, ch’è proprio eccellente.» Non seppe il custode ricusarlo da una sì bella mano, e presolo con un inchino di testa, se lo mise in bocca. Gli disse essa intanto alcune dolci parolette, e Noreddin, abbandonatosi sul sofà, finse di dormire. Tosto la Bella Persiana si avanzò verso Sceich Ibrahim, e parlandogli sotto voce: — Lo vedete?» gli disse; «non fa altrimenti ogni qualvolta banchettiamo insieme; non ha appena bevuto un paio di bicchieri, che s’addormenta e mi lascia sola; ma spero bene che vorrete tenermi compagnia finchè egli dorme. —
«Prese la Bella Persiana una tazza, la empì di vino, e presentandola al custode: — Prendete,» gli disse, «e bevete alla mia salute; io ve ne renderò il contraccambio.» Fece Sceich Ibrahim grandi difficoltà, e la pregò caldamente di dispensarnelo; ma essa seppe incalzarlo tanto, che vinto dai suoi vezzi e dalle sue istanze, prese la tazza e la tracannò fino all’ultima stilla.
«Il buon vecchio amava di bere il suo sorsellino,