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terzo giorno della sua separazione dai germani. Dopo un viaggio di quasi quattro mesi, ei giunse finalmente a Sciraz, allora capitale del regno di Persia, ed avendo per istrada contratta amicizia e società con alcuni mercanti, senza farsi conoscere per altro che per negoziante di gioie anch’egli, alloggiò con loro nel medesimo khan.

«Alla domane, mentre quei mercanti aprivano le loro balle, Ali, il quale viaggiava sol per diletto, non essendosi imbarazzato se non delle cose necessarie per farlo agiatamente, dopo aver cangiato abito, si fe’ guidare al quartiere dove vendeansi le gioie, i lavori d’oro e d’argento, broccati, stoffe di seta, tele fine, e le altre merci più rare e preziose. Questo luogo, spazioso e solidamente fabbricato, era fatto a vòlta, sostenuto da grossi pilastri, intorno ai quali stavano le botteghe, costruite eziandio lungo i muri, tanto di dentro come di fuori, ed era comunemente conosciuto a Sciraz sotto il nome di bezestin. Dapprincipio Ali percorse il bezestin in lungo ed in largo da tutti i lati, e dalla quantità prodigiosa delle preziose merci che vi vide spiegate, giudicò con ammirazione delle immense ricchezze che racchiudeva. Fra i tanti banditori che andavano e venivano, incaricati di vari oggetti, gridandoli all’incanto, maravigliò egli non poco vedendone uno che teneva in mano un tubo d’avorio, lungo circa un piede, e grosso poco più d’un pollice, che colui gridava per trenta borse. Immaginò egli sulle prime che il banditore vaneggiasse, e per chiarirsene, accostatosi alla bottega d’un mercatante:

«— Signore,» gli disse, indicandogli il banditore, «ditemi, ve ne prego, se non m’inganno: quell’uomo che mette a trenta borse un piccolo tubo d’avorio, ha egli la mente sana? — Signore,» rispose il mercatante, «a meno che non l’abbia guasta da ieri in poi, posso accertarvi ch’è il più savio di tutti ino-