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«Il principe di Persia, il quale aveva accompagnato il sultano di Cascemir, uscì con lui dalla stanza; egli domandò se, senza mancare al rispetto a lui dovuto, potesse volgergli la domanda, per qual avventura una principessa di Bengala si trovasse sola in quel regno, tanto lontano dal suo paese, quasi lo avesse ignorato; ma lo fece a bella posta per far cadere il discorso sul cavallo incantato, e sapere dalla sua bocca cosa ne fosse avvenuto.

«Il sultano, il quale non potea penetrare per qual motivo il finto medico gli facesse tale ricerca, non glie ne fece mistero, e gli narrò all’incirca la medesima cosa già udita dalla principessa di Bengala; quanto al cavallo incantato, soggiunse di averlo fatto portare nel suo tesoro, come una grande rarità, sebbene ne ignorasse totalmente l’uso.

«— Sire,» rispose il finto medico, «la notizia che vostra maestà m’ha ora dato, mi somministra il mezzo di compiere la guarigione della principessa. Siccome è stata portata su quel cavallo, e questo è incantato, ella ha risentito certamente qualche cosa dell’incanto che non si può dissipare se non col mezzo di certi profumi a me sol noti. Se vostra maestà vuol averne il piacere, e dare alla sua corte uno de’ più stupendi spettacoli, non meno che al popolo della sua capitale, faccia domani venire il cavallo in mezzo alla piazza, davanti al suo palazzo, e si rimetta in me pel resto: prometto di far vedere a’ suoi occhi ed a tutta l’assemblea, in brevissimi momenti, la principessa di Bengala tanto sana di spirito e di corpo, quanto lo fu mai in sua vita; ed affinchè la cosa avvenga con tutto lo splendore che merita, sarà bene che la principessa sia vestita il più magnificamente possibile, coi gioielli più preziosi di vostra maestà. —

«Ben più difficili cose di quella che il finto me-