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dici alla propria persona, per venire a tastarle il polso, il meno esperto subito non conoscesse esser ella in perfetta salute, e la sua malattia non altro che una finzione; mano mano che presentavansi, prorompeva in trasporti d’avversione tali, accingendosi a graffiar loro il volto se si accostavano, che uno solo non ebbe l’ardire di esporvisi.

«Alcuni fra quelli che pretendevansi più abili degli altri, e si vantavano di giudicar delle malattie alla sola vista degli ammalati, le ordinarono certe pozioni, cui ella faceva niuna difficoltà a prendere, essendo sicura che stava in proprio potere d’apparir inferma finchè le piacesse o stimasse opportuno, e che tali pozioni non poteano farle verun male.»

Qui la sultana cessò di parlare, ripigliando la domane in tal guisa:


NOTTE CCCXCI


— Quando il sultano di Cascemir vide che i medici della corte nulla avevano oprato a guarigione della principessa, chiamò quelli della capitale, la cui scienza, abilità ed esperienza non ebbero miglior riuscita. Fece poi invitare i medici delle altre città del regno, specialmente i più rinomati nella pratica della lor professione; ma la principessa non fece a costoro miglior accoglienza che ai primi, e quanto ordinarono non produsse effetto veruno. Spedì finalmente negli stati, ne’ regni e nelle corti de’ principi vicini appositi messi con consultazioni in regola da distribuirsi ai medici più famosi, promettendo di pa-