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cavallo, vi salì, e rimandato presso la donzella il servo con ordine di farle apprestar subito una magnifica colazione, partì. Per via, e nelle contrade della città per le quali dovè passare onde recarsi al palazzo, fu ricevuto in mezzo alle acclamazioni del popolo, che cangiò la sua tristezza in gioia, dopo aver disperato di mai più rivederlo dal momento che era sparito. Il sultano dava udienza quando il giovane si presentò davanti al consiglio, ch’era tutto vestito a lutto, al pari del re medesimo, sin dal giorno che il cavallo lo aveva portato via. Egli lo accolse abbracciandolo con lagrime di gioia e tenerezza, e chiesegli con premura cosa fosse stato del cavallo dell’Indiano.

«Quella domanda diè occasione al principe di raccontare al padre l’imbarazzo ed il pericolo, in cui erasi trovato dopo che il cavallo avevalo innalzato in aria; in qual maniera se la fosse cavata, e come fosse giunto al palazzo della principessa di Bengala; la buona accoglienza avutane; il motivo che avevalo costretto a fare presso di lei più lungo soggiorno che non doveva, e la compiacenza mostrata dalla fanciulla di non mai dispiacergli, sino ad ottenerne che finalmente venisse in Persia con lui, dopo averle promesso di sposarla. — E, sire,» soggiunse terminando, «promessole in pari tempo che non mi neghereste il vostro consenso, l’ho qui condotta sul cavallo dell’Indiano; ella attende, in un palazzo di delizie della maestà vostra, dove la lasciai, ch’io vada ad annunziarle di non averle fatto una vana promessa. —

«A tali parole, il principe si prosternò davanti al genitore per commoverlo; ma egli lo trattenne, ed abbracciatolo la seconda volta: — Figlio,» disse, «non solo acconsento al vostro matrimonio colla principessa di Bengala, ma voglio anche andarle incontro in persona, ringraziarla pegli obblighi che