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dovere, e la pregò di accordargli in fine la liberta di soddisfarvi, ripetendole la promessa già fatta di tornare in breve, ed in un arnese degno d’amendue, a chiederla con tutta regola in consorte al re di Bengala.

«— Principessa,» aggiunse il giovane, «forse le mie parole vi saranno sospette; e fors’anco, per la licenza che vi domando, mi avrete già posto nel novero di quei falsi amanti che mettono l’oggetto del loro amore in obblio, appena ne sono lontani; ma in prova della verità e sincerità della passione che risento per una donzella amabile come voi siete, e che mi ama da non dubitarne, oserei domandarvi il favore di condurvi meco, se non temessi che foste per offendervi della mia richiesta. —

«Avvistosi il principe che la fanciulla aveva arrossito a quell’ultime parole, e che senza verun indizio di collera, esitava sul partito da abbracciare: — Principessa,» continuò, «quanto al consenso del re mio padre, ed all’accoglienza colla quale egli vi riceverà nella sua famiglia, io posso assicurarvelo. Circa poi al re di Bengala, dopo i contrassegni di tenerezza, d’affetto e considerazione ch’egli ha sempre avuti, e conserva ancora verso di voi, bisognerebbe fosse tutt’altro di quello che me lo dipingeste, cioè nemico della quiete e felicità vostra, se non ricevesse con benevolenza l’ambasciata che gli manderebbe il re mio padre, per ottenere da lui l’approvazione del nostro matrimonio. —

«La principessa non rispose nulla a tal discorso dell’amante; ma il suo silenzio, e quegli occhi abbassati, gli fecero comprendere, meglio di qualunque altra dichiarazione, ch’essa non provava ripugnanza ad accompagnarlo al suo paese, e che già vi acconsentiva. La difficoltà che parve vi trovasse, si fu che il principe di Persia non fosse abbastanza