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non vi conosco meno padrona del mio cuore, che noi siate della mia volontà. —
«Queste ultime parole di Firuz Schah furono pronunziate con accento ed un’aria che non lasciarono dubitare un sol istante alla principessa di Bengala dell’effetto ch’erasi aspettato da’ suoi vezzi, nè rimase scandalizzata dalla dichiarazione del principe di Persia, come troppo precipitosa. Il rossore che le salì al volto non servì che a renderla più bella ed amabile agli occhi del giovane.
«Allorchè Firuz Schah ebbe finito di parlare: — Principe,» rispose la fanciulla, «se mi faceste un piacere sensibilissimo raccontandomi le cose stupende e maravigliose or dette, dall’altro canto non ho potuto, senza spavento, mirarvi nelle più alte regioni eteree; e quantunque avessi il bene di vedervi davanti a me sano e salvo, non ho però cessato di temere se non quando mi diceste essere il cavallo dell’Indiano venuto a posarsi felicemente sulla terrazza del mio palazzo. La medesima cosa poteva accadere in mille altri siti; ma son lieta che il caso mi abbia data la preferenza, concedendomi così l’occasione di farvi conoscere che lo stesso caso poteva indirizzarvi altrove, ma non dove poteste essere accolto più gratamente e con maggior piacere. Perciò, principe, io mi terrei sensibilmente offesa, se volessi credere che il pensiero cui mi dichiaraste d’essere mio schiavo, fosse fatto sul serio e non lo attribuissi alla vostra gentilezza piuttosto che ad un sentimento sincero; l’accoglienza che ieri vi feci, deve farvi conoscere abbastanza di esser qui non men libero che in mezzo alla corte del re di Persia.
«Quanto al vostro cuore,» aggiunse la principessa, in accento denotante tutt’altro che un rifiuto, «siccome sono persuasa che non abbiate atteso sinora a disporne, colla scelta d’una principessa che lo me-