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«Era circa mezz’ora che le tenebre notturne coprivano la terra nel sito sopra cui il principe Firuz Schah trovavasi a perpendicolo, allorchè girò il minor cavicchio; ma siccome continuava a discendere, il sole tra poco tempo tramontò anche per lui, sinchè trovossi al tutto ravvolto in cupa tenebria. Per tal modo, lungi dallo scegliere un luogo ove comodamente smontare, fu costretto ad abbandonar la briglia sui collo al cavallo, attendendo pazientemente che terminasse di scendere, non senza molta inquietudine del sito in cui sarebbe per fermarsi, cioè se un luogo abitato, un deserto, un fiume, od il mare.

«Finalmente il cavallo fermossi e posò. Era oltre mezza notte, ed il principe Firuz Schah smontò, ma in grandissima debolezza, proveniente perchè non avea preso nulla sin dalla mattina di quel giorno, prima di uscire col re suo padre dal palazzo, per assistere agli spettacoli della festa. La prima cosa che fece nell’oscurità fu di riconoscere il luogo dov’era, e trovossi sulla terrazza d’un palazzo magnifico, coronato da una balaustrata di marmo. Esaminando la terrazza, incontrò la scala per la quale vi si saliva, e la cui porta non era serrata, ma socchiusa.

«Ogni altro, fuor del giovane Firuz Schah, non avrebbe forse arrischiato di scendere in mezzo alla grande oscurità che regnava allora per la scala, oltre alla difficoltà che naturalmente presentavasi, se avrebbe trovati amici o nimici, considerazione che non fu capace di trattenerlo. — Io non vengo per far male a nessuno,» diceva egli fra sè; «e probabilmente quelli che mi vedranno pei primi, non iscorgendomi armi in mano, avranno l’umanità di ascoltarmi prima di attentare alla mia vita. —

«Apri dunque la porta senza far rumore e discese del pari con somma precauzione, per evitar di fare