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eziandio esserne possessore, come mi ha testè dichiarato. Dal canto mio, o sire, benchè ne conosca il sommo pregio, ed il suo possesso mi dia occasione di rendere il mio nome immortale, non vi sono tuttavia tanto affezionato, da non poter privarmene per soddisfare al nobile desiderio di vostra maestà. Ma facendole tale dichiarazione, glie ne debbo fare un’altra rispetto alla condizione, senza la quale non posso lasciarlo passare in altrui mano, e che ella forse non prenderà in buona parte. Vorrà dunque la maestà vostra permettermi,» continuò l’Indiano, «di dichiararle non aver io comprato quel cavallo: non l’ho ottenuto dall’inventore e fabbricatore se non concedendogli in matrimonio l’unica mia figliuola ch’egli mi domandò, esigendo in pari tempo ch’io non dovessi venderlo, e che se avessi a dargli un altro padrone, ciò fosse per un cambio come stimerei più conveniente. —
«Volea l’Indiano proseguire, ma al nome di cambio, il re di Persia lo interruppe. — Son pronto,» soggiunse, «ad accordarti il cambio che vorrai chiedere. Sai che il mio regno è vasto e pieno di grandi città, potenti, ricche e popolose. Lascio in tuo libero arbitrio quella che ti piacerà scegliere, facendotene dono in piena padronanza e sovranità pel resto della tua vita.»
NOTTE CCCLXXXII
— Sire, un cambio simile parve a tutta la corte di Persia veramente regio; ma pur era di gran lunga inferiore a ciò ch’erasi proposto l’Indiano, volendo egli portare le sue mire a più sublime meta. Rispose