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ancora ritirati in casa, giuocavano al chiaror della luna.

«Curioso il califfo di sapere qual giuoco quei ragazzi facessero, sedè sur una panca di pietra che trovavasi a proposito accanto alla porta, e continuando a guardare per la fessura, sentì che uno de’ fanciulli, il più vivace e svegliato di tutti, diceva agli altri: — Giuochiamo al cadì. Io sono il cadì: conducetemi dinanzi Alì Kodjah ed il mercante che gli ha rubato mille pezze d’oro. —

«A tali parole del ragazzo, ricordossi il califfo dell’istanza statagli in quel medesimo giorno presentata, e raddoppiò d’attenzione per vedere l’esito del giudizio.

«Siccome l’affare di Alì Kodjah e del mercante era nuovo, e faceva gran rumore in Bagdad, sino tra fanciulli, gli altri ragazzi accettarono con gioia la proposizione, e convennero del personaggio che ciascuno dovea rappresentare. Niuno negò a quello che erasi offerto di fare il cadì, di rappresentarne la parte; e quando egli fu seduto con sembianza e gravità di magistrato, un altro, come ufficiale competente del tribunale, gliene presentò due, uno de’ quali chiamò Alì Kodjah, e l’altro il mercante contro cui quello portava lagnanza.

«Allora il finto cadì prese la parola, ed interrogando gravemente il finto derubato: — Alì Kodjah,» disse, «cosa domandate a quel mercante? —

«Il finto Alì Kodjah, dopo una profonda riverenza, informò il preteso cadì punto per punto del fatto, e terminando, conchiuse col supplicarlo d’interporre l’autorità del suo giudizio, onde impedire ch’ei non facesse perdita tanto ragguardevole.

«Il finto cadì, dopo averlo ascoltato, si volse al finto mercante, e gli chiese perchè non restituisse ad Alì Kodjah la somma che gli domandava.