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querela al califfo Aaron-al-Raschid, il quale renderebbegli giustizia; ma il giudice non si maravigliò della protesta, riguardandola come l’effetto del risentimento solito a tutti quelli che perdono la lite, e credè aver fatto il suo dovere rimandando assolto un accusato, contro il quale non gli si erano prodotti testimoni.

«Mentre il mercante tornava a casa trionfante di Alì, coll’allegrezza di avere a sì buon patto le sue mille pezze d’oro, questi andò a stendere una petizione; e subito il giorno dopo, nel tempo che il califfo dovea tornare dalla moschea dopo la preghiera del mezzodì, si appostò in un luogo sulla strada, e quando lo vide passare, alzò il braccio tenendo il suo ricorso in mano; un officiale, a ciò incaricato, che camminava davanti, si staccò dalla sua fila, e venne a prenderlo per presentarlo al califfo.

«Siccome Alì Kodjah sapeva esser uso di Aaron-al-Raschid, rientrando nel palazzo, di leggere egli medesimo le suppliche che in quel modo gli si presentavano, seguì il corteo, ed entrò nel palazzo, aspettando che l’ufficiale, il quale aveva preso la supplica, uscisse dall’appartamento. In fatti uscitone, l’ufficiale dissegli che il califfo aveva letto il suo ricorso, gl’indicò l’ora in cui gli avrebbe data udienza il dì dopo, e saputo da lui il domicilio del mercante, mandò ad avvertir costui di presentarsi anch’egli alla domane all’ora medesima.

«La sera di quello stesso giorno, il califfo col gran visir Giafar e Mesrur capo degli eunuchi, ambedue come lui travestiti, andò a fare il suo giro per la città, come già notai alla maestà vostra ch’egli era solito fare di tempo in tempo.

«Passando per una contrada, il califfo intese rumore, ed affrettato il passo, giunse ad una porta, che metteva in una corte, ove, guardando da una fessura, scorse dieci o dodici fanciulli, i quali, non essendosi