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da parte per lasciar iscorrere le lagrime in abbondanza.

«Il re, ingannato e sdegnato contro Noreddin da quel discorso pieno di artificio, lasciò trasparire sul volto i segni d’una grandissima collera; si rivolse al capitano delle guardie, che gli stava vicino, e gli disse: — Prendete quaranta uomini della mia guardia, e saccheggiata che avrete la casa di Noreddin, e dato ordine di atterrarla, conducetemelo colla sua schiava. —

«Il capitano delle guardie non era ancor fuori dall’appartamento del re, che un usciere della camera, il quale udì dare quegli ordini, erasi già affrettato a precederlo. Chiamavasi costui Sangiar, ed era stato altre volte schiavo del visir Khacan, il quale avevalo introdotto nella casa del re, dov’erasi avanzato per gradi.

«Sangiar, pieno di gratitudine per l’antico suo padrone, e di zelo per Noreddin, avendolo veduto nascere, e conoscendo da molto tempo l’odio di Sauy contro la casa di Khacan, non aveva potuto udire l’ordine crudele senza fremere. — L’azione di Noreddin,» pensò fra sè, «non può essere tanto rea come l’ha raccontata Sauy; egli ha provocato contro il misero giovane lo sdegno del re, e questi sta per far morire l’infelice senza dargli tempo di giustificarsi. «In tale angustia, si affrettò con tanta sollecitudine, che giunse abbastanza in tempo per avvertirlo di ciò ch’era allora accaduto davanti al re, e dargli agio di salvarsi colla Bella Persiana. Bussò alla porta in modo che obbligò il giovane, il quale già da lunga pozza non avea più servi, di venire egli stesso ad aprire senza indugio. — Mio caro signore,» gli disse Sangiar, «non v’ha più sicurezza per voi in Balsora; partite, e salvatevi senza perder tempo.