Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
261 |
tello, dopo il discorso tenutogli, ed appunto per questo erasi astenuto di andare quel giorno alla foresta, onde non dargli ombra. Senza farle verun rimprovero di cui ella potesse offendersi, e neppure suo marito, se avesse vissuto, le disse, che non doveva intimorirsi, e che probabilmente Cassim aveva stimato a proposito di non rientrare in città se non molto innanzi nella notte.
«La moglie di Cassim lo credette pure, e tanto più facilmente, considerando quanto fosse importante, che suo marito facesse le cose in segretezza. Tornò dunque a casa, ed aspettò pazientemente sino a mezza notte. Ma dopo quell’ora le sue smanie raddoppiarono con tanto più sensibile dolore, perchè non poteva sfogarlo, nè sollevarsi colle grida, delle quali ben s’avvide che la cagione dovea restare nascosta al vicinato. Allora, se il suo fallo era irreparabile, si pentì della pazza curiosità avuta, per una riprovevole invidia, di penetrare negli affari dei cognati. Passò la notte in pianti, ed appena spuntato il giorno, corse da loro annunziando il motivo che la guidava piuttosto colle lagrime che colle parole.
«Non aspettò Alì Baba che la cognata lo pregasse di prendersi il disturbo d’andar a vedere cosa fosse avvenuto di Cassim; ma parti sul momento co’ suoi tre asini, e raccomandatole di moderare l’angoscia, recossi alla selva. Nell’accostarsi alla rupe, non avendo per istrada veduto nè il fratello, nè i dieci suoi muli, rimase colpito dal sangue che vide sparso presso alla porta, e ne concepì cattivo augurio. Presentatosi quindi dinanzi alla porta, e pronunziate le parole, quella si aprì, ed ei fu atterrito al tristo spettacolo del corpo del fratello squartato in quattro. Non esitò allora sul partito da prendere onde render al fratello gli ultimi uffizi, dimenticandone il poco fraterno affetto. Trovato nella grotta