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«— Ecco,» dissi, «un altro vantaggio che il pezzo di piombo, datomi dall’amico di Saadi, ci procura, risparmiandoci di comprar olio. —

«Allorchè i miei figliuoli videro che il pezzo di vetro suppliva alla lampada spenta, mandarono a quella maraviglia grida d’ammirazione si alte e con tanto schiamazzo, che rimbombarono ben lungi nel vicinato. Mia moglie ed io accrescemmo lo strepito a forza di gridare per farli tacere, non potendo intieramente conseguirlo, sinchè non furono a letto ed addormentati, dopo avere un bel pezzo ciarlato, alla loro foggia, sulla proprietà maravigliosa del vetro.

«Mia moglie ed io ci coricammo dopo, ed alla domane di buon mattino, senza pensar più oltre al cristallo, andai al solito lavoro. Non deve parer strano che ciò sia accaduto ad un uomo come me, non avvezzo a veder diamanti, o che se avevane veduti, non aveva mai badato a conoscerne il valore.

«Farò qui notare a vostra maestà, che fra la mia casa e quella del più prossimo mio vicino, eravi per unica divisione un leggerissimo assito e pochi mattoni. Or quella casa apparteneva ad un ricchissimo Ebreo, gioielliere di professione, e la camera dove dormiva con sua moglie, confinava coll’assito. Erano già addormentati e coricati, quando i miei figli aveano fatto il maggior chiasso, talchè essendosi destati, rimasero a lungo senza potersi riaddormentare.

«Alla domane, la moglie dell’Ebreo, tanto da parte del marito quanto in proprio nome, venne a lagnarsi colla mia dell’interruzione del loro riposo appena nel primo sonno.

«— Mia buona Rachele,» (così chiamavasi la moglie dell’Ebreo) le rispose mia moglie, «mi duole assai dell’accaduto, e ve ne faccio mille scuse. Sapete cosa sono i ragazzi: un nulla li fa ridere, come poca cosa basta a farli piangere. Entrate, e vi mostrerò l’origine delle vostre doglianze, —